
A Baghdad non gli mancava nulla, ma il suo paese è stato sempre depredato da tutti: dagli americani e dall’Isis che hanno reso impossibile la sua vita, anzi la loro, visto che Akhmad è papà di quattro meravigliose bambine. Sono fuggiti insieme, per terra e per mare.
Ad ogni violenza subita e prova superata, Akhmad ha sempre scattato una foto. È la sua risposta all’ingiustizia e ai soprusi tenuti nascosti: guarda cosa ho visto, ecco come va il mondo.
Gli scatti testimoniano un’odissea: dall’Iraq hanno raggiunto la Russia e poi la Turchia.
Chilometri e confini a piedi, finché a Smirne il viaggio diventa incubo sul gommone fino all’isola di Lesbo, in quel campo di Moria che è come una prigione, con la tenda piena dei pianti delle bambine e di animali indescrivibili. Le condizioni sono disumane.
Guardando le foto su Facebook sembra di fare il loro stesso cammino, ma solo chi ha vissuto può testimoniare. E poi l’Albania. Qui la famiglia si è disgregata, perché la moglie li ha abbandonati per un altro uomo, denunciando Akhmad, che per questo motivo è finito in prigione.
Uscito dal carcere riprende il suo viaggio alla ricerca delle figlie, attraverso il Kosovo e la Bosnia. A Bijiac l’abbraccio è stato finalmente possibile, realizzando il grande sogno di vivere semplicemente meglio, “chissà dove, forse in Germania, forse in Italia, ma insieme e vivi, perché siamo tutti esseri umani”.
La storia bella di Akhmad è quella della sua ostinazione a vivere, immortalata in un incredibile album fotografico.
La bellezza di quest’uomo è nel suo cuore e nel suo coraggio, nelle dieci dita delle sue mani, che lui mostra a tutti citando un detto arabo: “tutte diverse e tutte insieme”.
Bihac, Bosnia
Campo itinerante “La rotta balcanica”, 12 luglio 2019