Un anno fa eravamo tutti qui a Venezia, sulla riva del Canal Grande, perché la morte di Pateh Sabally ci aveva colpito e fatto soffrire. Eravamo sconvolti e ripetevamo: “perché nessuno ha aiutato il nostro fratello?” E alcuni amici italiani si chiedono: “abbiamo fatto tutto il possibile per accoglierlo e ascoltarlo?”
Tanti cellulari hanno filmato il video della tragedia del suo annegare e morire sotto gli occhi di centinaia di persone e I giornali di tutto il mondo hanno pubblicato le foto del nostro amico che si agitava disperato in acqua. Si poteva evitare tutto questo?
Dopo pochi giorni, quando siamo venuti qui a ricordare quella tragedia, eravamo tantissimi e tutti con il desiderio di ricordare questo nostro fratello gambiano.
Ma sono tanti i fratelli che scappano da Paesi dove c’è la guerra o un dittatore o la carestia!
Vogliamo raccontare a tutti quanto è bello sentirsi accolti come stiamo vivendo noi. E’ bello condividere le sofferenze che portiamo dentro e darsi da fare per imparare bene l’italiano e cercare un lavoro dove impegnarci.
In gennaio, quando tantissimi veneziani e persone di tanti paesi hanno riempito questo piazzale, non siamo riusciti a pregare per Pateh. Anche per questo oggi siamo qui. L’imam Hammad è venuto con noi e lo ringraziamo perché ci aiuterà a pregare per lui e per tutti.
Siamo convinti che anche le parole e i gesti della nostra fede islamica toccheranno il cuore di tutti, tutti fratelli nella stessa famiglia umana.
Memoriale di Pateh. Non ti dimentichiamo, amico Pateh,
con i colori del tuo Gambia, con il blu della terra che ti ha accolto
come noi non siamo stati capaci di fare.
Con il fiore rosso delle fatiche di tutti i fratelli migranti.
E con il fiore verde dei loro sogni per una vita più degna.
Ti ricorderemo, fratello Pateh,
gettando a mare ipocrisie, indifferenza e razzismo
e offrendo con le braccia, la mente e il cuore,
un salvagente di dignità e speranza a chi si aggrappa a noi.
La Casa di Amadou, 21 gennaio – 21 aprile 2017